«Domani. All'alba. Nella piana tra Strhia e Juchi.» Guardò il bambino. «Mi divertirò a spezzarti ogni singola vertebra della spina dorsale, piccolo schifoso Protetto.» Trapassò Maithon con lo sguardo. «Mentre Galadir ti strapperà il cuore con le sue mani.»

Lei tenne lo sguardo fisso davanti a sé. «Gli ho detto che se l'avessero fatto avrei strappato loro le gole.» Pausa. «A morsi.»

«Torna da me, Galadir. Ti prego, ti supplico, non mi lasciare sola.»

«No, non mi risponderai… Non sentirò più la tua voce… Non vedrò più il tuo sorriso arrogante, né il tuo sguardo malizioso… Non tornerai più da me.»

«Taci, non voglio più ascoltare le tue calunnie!» Abbracciò forte Galadir. «Che tu sia maledetta, Lash! Tu e tutti i Protetti che hai avuto prima di lui! Non ne avrai più alcuno e non potrai mai più scendere su Penthànweald! Ti maledico, Dea dei Cristalli, e per sempre sarai prigioniera nel tuo Regno!»

Morwen si incupì. «Non si possono maledire gli Inferi» sentenziò. «E non sono stata io a…» Non riuscì a proseguire.

Così si tirò indietro, senza guardare l'uomo negli occhi. «Non lasciare che venga dimenticato» lo supplicò.

Una stola nera le apparve nella mano e lei lo bendò molto lentamente. «E tu ci riesci, Andrer?» gli sussurrò nell’orecchio.

«Verrò a prenderti, te lo prometto» sentenziò Morwen, sfiorandogli il viso.