«Lei è diversa» sibilai a denti serrati. «Non è merce da vendere al Re o alla Regina. Lei è la mia vendetta e nessuno deve azzardarsi a sfiorarla con un solo dito».

«Allora lascia che ti uccida, Aleksandra» mormorai per poi impossessarmi della sua bocca con indomita passione.Lei non si abbandonò a me, ma mi affrontò con tutta se stessa. Non mi permise di stabilire alcun controllo, ma mi diede tutta la sua furia, tutta la sua angoscia, tutta la sua fame di me.

Attirai il suo volto al mio, protendendomi verso la sua bocca, in cerca di un appiglio per non sprofondare nell'oblio che mi stava trascinando giù, sempre più giù.In cerca di una salvezza che sapevo sarebbe stata la mia distruzione.

Dovevo strappare l'anima ad Aleksandra Nikolayev.Dovevo dilaniarla e bearmi del suo dolore assoluto.E l'avrei fatto lentamente.Oh, molto lentamente.

Nel momento in cui il mio corpo si era modellato a quello della donna su cui mi ero fiondato, ero rimasto folgorato dal suo sguardo. Così saturo d'ira. Così vivo. Così accecante. I suoi occhi erano di un colore indescrivibile, un verdazzurro che stregava.Pietrificava.

«Fallo» le comandai roco. «Sappiamo entrambi che vuoi sentirmi tanto quanto io voglio sentire te».

«Dammi quello che voglio. Ora.»

Lei.Era.La.Mia.Morte.